Abusivo, troppo abusivo

Focus sul parcheggiatore abusivo

Una sedia ai bordi della strada, visibili indicazioni, ricerca di spiccioli: azioni consuete quando si incontra un personaggio ben noto nelle vie della città, il parcheggiatore abusivo (spesso coperto fino all’inverosimile durante il periodo invernale), il vero direttore d’orchestra del parcheggio cittadino, il vero soppiantatore del vigile urbano, usurpandolo del suo diritto statale. È realmente una piaga sociale, espressione di una miseria consumante gran parte della nostra società, oppure coglie delle mancanze istituzionali, tappando i buchi delle assenze statali? È solo un vedere nero da condannare o paradossalmente è solo uno specchio riflettente la nostra condizione?

Lo stato d’eccezione è ciò che lo connota. L’eccezione si solleva fino al punto da divenire norma, consuetudine applicata, consolidata, insomma è l’eccezione alla regola ad assurgere a ruolo di regola da seguire. Un esempio? Una strada dissestata, eccezionalmente in riparazione, conserva per lungo tempo lo stadio di lavori fino al punto da non essere avvertita più come un eccezione a cui porre riparo, ma diviene una visibile abitudine, già accettata consapevolmente. Le mancanze dello Stato, in questo caso specifico, sono evidenti, non vi è alcuna sorta di controllo dei parcheggi o di dirimere il traffico in modo sensato. È in questa culla di assenza statale, in cui prolifera l’attività abusiva del parcheggiatore e paradossalmente svolge un utile attività stravagante di inserire in ogni posto disponibile un’ autovettura in un garage o su uno spiazzo o sui marciapiedi. Tutto ciò da cosa è generato? È frutto semplicemente di una rete di trasporti coprente le aree delle città del tutto insufficiente, da un esorbitante numero di autovetture (usate anche solo per brevi tragitti), che causano entrambi débâcle amministrativa. L’inserimento in città di un numero eccedente di autovetture genera delle falle nell’ organizzazione dell’apparato, permettendo ad oscure figure locali di sorgere e di attecchire nell’ impianto sociale.

Quanto guadagno può sperare un aspirante posteggiatore? Mettiamo caso che esiga una quota fissa pari a 2 € e abbia al giorno 10 macchine parcheggiate (un numero già esiguo se si considera che una tipica zona di parcheggio può coprire più di tale numero) al giorno avrebbe un totale di 20 € e moltiplicandolo per 30 giorni verrebbe come risultato 600 € al mese a nero. Non è male, davvero. Ma abbiamo messo realmente le mani in sacca ad un parcheggiatore? Non proprio, come detto non abbiamo considerato un numero superiore di macchine, che preveda anche la casualità (ad esempio gli svariati caso di una sosta molto breve con vari scambi di posto), e soprattutto la reale quota ricevente all’ adempimento del lavoro, poiché probabilmente sono legati a locali cosche illegali. Siamo di fronte alla microfisica della corruzione, passaggi micrologici si riverberano in una macrologia di ben più ampia importanza, difatti quasi 60 € mensili di un qualsiasi persona rinsaldano il soldo illegale.

Il parcheggiatore si connota per un’altra proprietà: la fidelizzazione. Ogni parcheggiatore ha la sua clientela, ben selezionata. Un qualsiasi furbo (rispetto alla loro logica) è sollevato dalla possibilità di critica, difatti, non solo la vasta scelta di una selezionata clientela già lo escluderebbe facendolo sentire una voce fuori dal coro. La fidelizzazione è il tratto essenziale, permette non solo “un’assicurazione” sicura del proprio impiego, ma esclude dal circuito chi realmente si oppone a tale fenomeno urbano. Il parcheggiatore, insomma, è alla ricerca di potenziali “adepti” alla sua causa, che la convalidano, piuttosto che aggirarla.

Un evento della mia esperienza personale mi ha condotto sui canali della riflessione: in una mio classico giro in bici mi imbatto per la prima volta in un parcheggiatore sul lungomare, occupante per largo tratto nella curva antecedente Castel dell’Ovo all’interno della pista ciclabile (un’area mai occupata). Quando ci incrociamo, si scusa dicendomi: << Non mi dire niente! >>. Qui ho sbagliato, dovevo chiamare le forze dell’ordine, ma a che scopo? È questo non mi dire niente, che mi suona fastidioso nelle orecchie. No, è nel dire qualcosa, che è l’essenza di un cittadino di esprimersi, di manifestarsi, di resistere. È la resistenza la via di massima espressione umana alle ingiurie, all’illegalità, all’abuso.

Abusivo, troppo abusivo. La strada per abbattere la micrologia dell’abuso è di istituzionalizzarla, renderla una figura non più privata ma pubblica, abolendo l’inadempienza di ruoli istituzionali ormai obsoleti. Affidarsi a tali specialisti del parcheggio, facendoli fuoriuscire dai binari dell’illegalità, è un’idea troppo abusiva?

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